Si sta preparando una “Capsula del Tempo”. Uno di quei contenitori dove mettere lettere, foto, pensieri, un libro, una ricetta. Qualsiasi cosa si voglia far arrivare nel futuro.
Quella a cui si sta lavorando qui, verrà interrata in Piazza del Mercato a Spoleto e ritirata fuori nel 2118. Fra cento anni.
“Cosa ci vuoi mettere”? Mi chiedono.
Per fare il simpatico di getto ho risposto “Ci metterò il mio curriculum, hai visto mai che fra cento anni qualche imprenditore non possa essere interessato visto che la pensione…“.
Poi mi sono regalato qualche momento per pensare a cosa mi piacerebbe lasciare lì dentro al buio per 100 anni.
Claustrofobia.
Ho riflettuto e mi sono reso conto che in realtà pensare in questo modo, guardando al futuro, a me crea una leggera vertigine.
Un po’ come quando si vola per la prima volta:
siamo abituati da una vita a guardare le cose allo stesso livello o al massimo più in alto di noi (cielo, montagne, alberi…) e di botto, in pochi secondi, ti ritrovi tutto dall’altra parte. Di sotto.
Oltre che con voli di linea, ho anche fatto esperienza con il parapendio, pure con il deltaplano e quell’emozione, quella vertigine, le prime volte era molto forte. Interessante.
Adesso mi si chiede di pensare a qualcosa da inserire nelle scatole prossime all’interramento e guardare nella direzione del futuro.
Abituato come tutti a riflettere su quello accaduto, sul passato, bisogna sforzarsi e rivolgere il pensiero nella direzione opposta.
A me un po’ scombussola, spaventa e destabilizza pure.
Non dico che non ci si riesca, ma guardare al futuro prevede che si abbandoni anche solo per un attimo il passato che invece è l’unica sostanza di cui siamo fatti.
E allora forse in mezzo al curriculum che “hai visto mai…” ci metto anche questa piccola riflessione sperando di riuscire a comunicare un’emozione ai miei nipoti in quell’anno, il 118, che qui per noi era il numero dell’ambulanza.