E visto che ci stavo, ho scrutato per quello che ho potuto.
Io volevo fare l’elettore. L’ho anche scritto in un articolo di qualche tempo fa. Evidentemente l’evoluzione della condizione di elettore, non è solo quella di amministrato, ma anche quella dello scrutatore.
Ma come funziona la giornata di uno di questi operatori che, a pagamento, gestiscono la regolarità della votazione?
Posso raccontare com’è andata la mia esperienza:
Intanto le giornate sono due perché si comincia dal giorno prima per sistemare le schede, i bollini, i registri, i timbri.
Appuntamento alle 16 e in due – tre ore, si fa quello che serve per trovarsi pronti poi la mattina dopo alle 7 in punto.
Ci sono 4 scrutatori: nel mio seggio due di questi dichiarano che voteranno per Casa Pound. Cominciamo bene.
Poi c’è un presidente e un segretario.
Il presidente che in questo caso è una ragazza, gestisce tutto e ha la responsabilità del seggio.
Legge le infinite istruzioni, appone qualche centinaio di timbri, riempie incomprensibili registri, spiega le regole delle consultazioni di queste politiche 2018.
Il segretario scrive, timbra, sta seduto, sbuffa, apre e chiude registri, chiede ogni tanto una firma allo scrutatore che gli passa vicino.
In un mondo digitale come quello di oggi, queste operazioni sono più vicine alle tavolette sumere che agli smartphone.
La mattina della domenica l’appuntamento è per le 7 meno dieci perché tutto sia funzionante a partire dalle 7 in punto.
Non tutti arrivano puntuali, ma il seggio funziona uguale.
Il segretario i suoi timbri li comincia a mettere dalle otto che tanto prima dice che non serve.
La puntualità è una qualità che si trova sempre meno in natura.
Diceva qualcuno che “La persona puntuale è destinata a vivere un inferno di immeritate solitudini ”.
In questo inferno io ci passo spesso. Ormai il vizio di arrivare in anticipo non me lo levo più.
Manco mi lamento del ritardo degli altri.
Sopporto in divertito silenzio e non posso fare a meno di notare il respiro affannato e lo sguardo basso di chi arriva dopo l’orario pattuito.
Comunque alle sette siamo lì. Quasi tutti.
C’è anche un rappresentante di lista. Ha l’espressione compunta di chi sta compiendo un’azione importantissima.
Rimane per tutto il tempo nel seggio. Seduto.
Si allontana solo per concedersi un’enorme stozza di pane e porchetta con un bel bicchiere di trebbiano spoletino che, dice, sa troppo di zolfo.
Non ce ne offre e quindi siamo costretti a fidarci di quello che afferma.
Dalle nostre parti invece girano solo bottiglie di acqua che velocemente prende la temperatura della stanza a microonde.
Siccome pagano altri, riscaldamento a palla e finestre aperte.
L’uomo del trebbiano rappresenta Forza Italia e si spertica in pensieri oltre la decenza.
“Ci vorrebbe il metodo Auschwitz per questi immigrati che arrivano da noi”.
Rispondo io che “… credo che quello che sta dicendo sia oltre che un pessimo pensiero, pure un reato”.
Borbotta qualcosa e poi ci confessa che sua moglie è anche lei un’immigrata.
“I soldi se sei onesto non li fai”. Dice.
E a chi gli ricorda che il presidente del suo partito di soldi ne ha fatti parecchi, risponde stizzito che lui ha dato lavoro a tanti, ma soprattutto è furbo.
“Ma non sarà invidia la vostra no”?
Basta girarsi dall’altra parte per ascoltare gli scrutatori non ancora venticinquenni, che esaltano nell’ordine: Casa Pound, La lega, Salvini, la destra in genere.
Pigliano per il culo la sinistra e parlano di auto sportive, di discoteca e di lavoro che non c’è ma la situazione da domani cambierà.
E visto che ci sono prendono in giro anche il rappresentante di Forza Italia che rappresenta pure lui il vecchio e la politica stantìa come quella del PD.
Il segretario, evidentemente simpatizza per 5 Stelle, ma non disdegna la destra. Il segretario èquello che, invece delle sette della mattina è arrivato alle otto e si è seduto senza manco salutare nessuno.
Oh, sia chiaro, questo è il racconto di uno delle migliaia di seggi in giro per l’Italia e non intendo rimproverare nessuno.
La situazione è così e così ce la teniamo.
Ah, dimenticavo: il segretario, il rappresentante, e gli scrutatori di Casa Pound, apprezzano tutti l’estero.
Qualcuno vorrebbe andare in Norvegia (chissà come mai proprio la Norvegia) altri in Russia, altri ancora nei paesi dell’est in genere.
Io, che nei paesi che li ispirano ci sono stato più volte, scelgo di rimanere in Italia. E scelgo anche il non confronto.
Di che parli con persone che hanno punti di vista così lontani dal tuo?
Ricominciare ogni volta da zero è un esercizio troppo faticoso. Troppo. Meglio non abboccare.
Insomma le votazioni vanno avanti abbastanza tranquillamente. Qualcuno che mentre ritira la scheda manifesta la voglia di non venirci per niente a votare e altri che sperano in un cambiamento.
Quelli più comunicativi sono gli elettori che lasciano intendere che voteranno a destra.
Troviamo anche il modo per allontanarci e andare a votare ognuno nel suo seggio e per sbocconcellare qualcosa , chi a casa e chi al bar.
Una piccola pausa che per presidente e segretario diventa incomprensibilmente di più di due ore.
Malcontento fra le truppe, subito rientrato.
Comincia lo spoglio.
Dalle 23, appena chiuso il voto, si comincia con timbri, buste, istruzioni, firme, sigle, e poi ancora timbri e ancora firme a non finire.
Forse qualcosa si poteva preparare pure prima.
Le schede le prende dall’urna solo uno scrutatore e la presidente legge ad alta voce il nome del candidato e della lista. Gli altri fanno mucchietti di schede votate.
Un’operazione infinita, fortunatamente interrotta qualche volta dall’intervento dei rappresentanti dei partiti che nel frattempo sono diventati due: si è aggiunto quello del PD.
Quella croce non va bene
Quella è troppo riconoscibile. “Non è vero” “Sì è vero” “Decide la presidente”.
Bravi i carabinieri che hanno risolto con equilibrio e comprensione, un piccolo momento di attrito fra il rappresentante della lista FI e chi gestiva lo spoglio.
È quello che ci si aspetta dalle forze dell’ordine.
Si va avanti fino quasi alle 5 di mattina.
Finalmente tutto è stato chiuso nelle buste che non hanno nomi come: 1, 2, 3… oppure A, B, C, ma incomprensibili sigle che forse serviranno a giustificare il lavoro di qualcuno.
Anche le cassette di legno con dentro perfino la cancelleria sono pronte. Andranno consegnate di persona all’Ufficio Elettorale.
Il segretario sbuffa ma “je tocca”.
E mo la palla passa a Mattarella che ci metterà parecchio, ma starà sicuramente più comodo mentre deciderà a chi affidare questo paese pieno di gente strana, giovani di estrema destra, entusiasti sostenitori di nuovi movimenti, ex compagni rassegnati, ex democristiani in cerca di nuova collocazione, razzisti condizionati da chi la dice più grossa, ma anche di carabinieri che in divisa riportano la ragione e di persone che arrivano puntuali all’appuntamento.
In quest’Italia ci sono anche scrutatori come la giovane Martina, che non dice per chi vota, ma gestisce con il sorriso, tutti i momenti difficili.
Una vera colonna.
L’Italia è appoggiata su queste colonne e per fortuna ce ne sono ancora parecchie.
Adesso chiunque verrà incaricato di governare dovrà farlo non “contro” qualcuno, ma per l’Italia tutta.
E fino a che non scappiamo in Norvegia, o in un paese dell’est, in quest’Italia ci siamo pure noi.
Auguro un buono e onesto lavoro a chi tocca.
Buona fortuna a noi.
Ah, e poi dimenticavo di dire che mi sono lasciato andare e ho augurato un “Benvenuti in Italia” ad una famiglia di lavoratori albanesi che hanno ricevuto la cittadinanza del nostro paese e sono arrivati al voto esibendo orgogliosamente la tessera elettorale.
Era il loro primo voto.
Il capofamiglia ha spiegato a moglie e parenti come si vota, facendo attenzione a non indugiare su nessun simbolo. Ha anche spiegato come ripiegare la scheda.
Il rappresentante di Forza Italia ha fatto un po’ di casino quando il marito ha fotografato la moglie mentre inseriva la sua prima scheda votata nell’urna.
Mi sa che non hanno manco capito che le proteste erano per loro.
Benvenuti in Italia.
Bravo Moreno.
Bel racconto, bravo