IL LUDIBRIO

Molti dei miei amici sanno che io ho speso molti anni della mia vita professionale, lavorando in teatro.

Sono stato un tecnico delle luci molto fortunato per aver avuto la possibilità di collaborare con alcuni fra i personaggi più creativi del panorama italiano e internazionale.

I vecchi colleghi dicevano che il tecnico bravo si riconosce perché quando arriva in palcoscenico alza la testa e controlla come sta messa la “graticcia“.

Poi c’era un direttore di scena che sosteneva che l’attenzione che i gestori danno al teatro, si capisce da come stanno messi i bagni.

Entrato nel bagno di un teatraccio di provincia, in un paesino che non ricordo, uscì urlando: “Questo cesso è una schifezza, anzi, dirò di più… è un LUDIBRIO“!

Questo gli valse ovviamente un soprannome con cui ancora oggi gli amici lo riconoscono: “Ludìbrio” appunto.

Come sappiamo questa parola vuol dire altro, ma forse il nostro amico e illustre collega, non sbagliava del tutto pensando di concentrarsi sui bagni per capire l’attenzione verso il teatro.

La stessa cosa forse potrebbe valere per i bagni pubblici di una cittadina come la nostra, che ha nel turismo la principale speranza di sviluppo.

Vedo sempre più spesso, on line, segnalazioni sullo stato di abbandono di questo supporto fondamentale per i viaggiatori.

Gli antichi romani avevano già capito il valore dei “vespasiani” ed il senso di accoglienza che offrono se ben tenuti.

Noi facciamo del tutto per trasformarli in una schifezza sempre peggiore.

“Pecunia (forse) non olet”, ma i cessi zozzi, sicuramente sì.

Puzzano. E pure parecchio.

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