Pochi giorni fa mi è capitato il video pubblicato in Facebook da un amico.
Erano spezzoni dell’opera lirica I Pagliacci, con protagonista Beniamino Gigli. Girato in parte a Spoleto negli anni 50.
Ho visto una città, Spoleto appunto, che in quelle immagini sgranate somiglia tanto ad un paese.
Muri scrostati, strade sterrate anche in centro, il ciabattino per strada, gli asini che trasportano la legna per il forno del pane.
Certo, l’ambientazione era ricostruita, ma l’impronta è quella.
Ci fa capire cosa dovrebbe aver trovato Giancarlo Menotti quando ha deciso di realizzare qui la sua fantastica idea: il Festival dei Due Mondi.
E allora ho pensato che noi siamo quelli lì.
Quelli del somaro e del ciabattino con il banchetto in via dei Duchi. Gli abitanti di un posto con un solo albergo e due soli ristoranti, che ospitavano solo persone di passaggio.
Poi, pochi anni dopo, è capitato qui un compositore di musica, ricco di idee che ci ha adottato.
Da un giorno all’altro siamo diventati i figli del signore dopo aver passato la vita da abitanti del paesello.
Appena ci siamo resi conto di quello che ci era stato regalato, abbiamo subito fatto nostra la spocchia tipica dell’arricchito. Dell’acculturato.
Comportamenti poco nobili che vengono dall’idea che il merito della fortuna del brand Spoleto, sia nostro.
Nessuna umiltà. Tutto ci è dovuto.
Un atteggiamento da marchettaro, più che da persona che si è guadagnata stima e rispetto.
I figli del padrone, che indossano abiti eleganti, ma di taglia sbagliata.
Dovremmo fermarci un attimo a guardare le immagini di quel vecchio film e capire che la fortuna che ci è capitata, non è dovuta, ma tocca guadagnarsela.
E lavorare onestamente per mantenerla.
Vero in parte, nel senso che l’Italia e la Spoleto dei “Pagliacci” sono quelli del periodo più buio della guerra, è stato girato nell’anno 1943, poco prima delle nefaste vicende che seguirono l’armistizio. Periodo in cui girare un film deve essere srato anche particolarmente complesso. La Spoleto che trovò Menotti una quindicina di anni dopo è quella che in pieno boom economico aveva ritirato fuori la vecchia spocchia di città nobiliare ereditata daĺl’essere a capo di un vasto Ducato. 0
Grazie per il commento e anche per lo spunto che hai fornito con il video.
Rimango convinto del fatto che la spocchia che mostriamo, funziona da freno a mano tirato per questa nostra comunità.
Peccato.
Sarebbe da fare di più e in una direzione che mi pare non sia stata ancora individuata con precisione.
Nemmeno un’idea comune di città abbiamo ancora.
Ma io non dispero.
Auguri Fa’.