Pure lì sono stato: a Positano.
Mi era stato chiesto di occuparmi delle luci per gli spettacoli del festival che si teneva in estate.
Non ricordo proprio che anno era.
La proposta era arrivata al telefono e così siamo partiti io e un mio amico direttore di palcoscenico, seguendo le indicazioni degli organizzatori.
“Se venite in treno, arrivate a Napoli, scendete alla stazione di Mergellina e fuori dalla stazione a destra, trovate l’imbarco del traghetto che vi porta qui da noi a Positano“.
Poi all’arrivo ci sarebbe stato qualcuno ad attenderci per accompagnarci in teatro.
Per due come noi che non conoscevano Positano fu automatico pensare che la nostra destinazione fosse un’isola come Ischia o Capri che stavano sempre da quelle parti.
Eh, lo so, fa ridere, ma quella volta è andata così.
Eravamo convinti che Positano fosse un’isola.
Siamo passati in traghetto vicino ad Ischia che da lì sembrava molto grande, ma mai come Positano.
“Ammazza com’è grande” abbiamo esclamato appena l’abbiamo vista avvicinarsi al nostro traghetto”.
Eh certo che era grande: era l’Italia.
Arrivati ci meravigliammo anche dalle tante, troppe automobili che ci gironzolavano dentro questa… “isola”.
“…ma come le avranno portate fino a qui che sul nostro traghetto non ce n’era manco una“.
Semplicemente via terra. Ma lasciamo perdere.
Al porto c’era ad aspettarci, il figlio dell’allora responsabile musicale del festival.
Il papà era un famoso direttore d’orchestra e il figlio che allora era poco più che adolescente, adesso è lui stesso il riferimento musicale di grandi rassegne internazionali.
Quella volta il ragazzo figlio di tanto padre, venne gentilmente a prendere me e il mio collega con un furgoncino scassato messo a disposizione dalla produzione.
Io avevo sottobraccio un po’ di rotoli di gelatine, quei filtri da applicare davanti alle luci per colorarne il raggio.
Ci accompagnò in piazzetta dove abbiamo subito cominciato a lavorare con alcuni dei registi.
Ricordo molti nomi protagonisti della cultura internazionale, presenti in piazzetta, ma li risparmio almeno qui.
Abbiamo realizzato gli effetti luce del primo spettacolo, poi quelli del secondo, poi del prossimo e così via.
Insomma abbiamo fatto un bel lavoro anche perché le prove luci si fanno di notte e il giorno dopo ci sarebbe stata l’inaugurazione con il primo importante appuntamento.
In una notte sola abbiamo sistemato la situazione delle luci per tutto quello che sarebbe successo il giorno dopo per la prima.
Alla fine, esausti, siamo stati accompagnati dalla responsabile artistica del Festival, una gentile signora di cui non ricordo il nome, in una bella villa dove saremmo stati ospiti della manifestazione.
Splendida la terrazza sul mare. Le barche che accendevano puntini di luce. La temperatura estiva con leggera brezza, contribuivano a costruire un momento di rara intensità.
Si fecero progetti per un prossimo festival quando uno spettacolo – evento avrebbe coinvolto il piccolo golfo e le imbarcazioni che ci passavano.
Insomma l’abbiamo fatta lunga ma alla fine siamo riusciti ad andare a dormire.
La direttrice artistica ci lasciò soli, solo dopo averci raccontato la ricetta del limoncello. Quella originale secondo lei .
Quella che quando ci ho provato appena tornato a Spoleto, era scoppiata la bottiglia e ho dovuto riverniciare tutta la cucina.
Avevamo ognuno una bella camera con mobili di pregio, insomma una sistemazione più ricca di quella che ci aspettavamo.
La mattina dopo fummo svegliati presto da signori eleganti che ci guardavano sorpresi mentre ci chiedevano chi fossimo noi.
“Ma chi siete voi qui in casa nostra a quest’ora“? Rispondemmo prontamente.
“Veramente noi siamo i padroni di casa e non capiamo chi siete, cosa fate qui e come avete fatto ad entrare“.
Non ci hanno nemmeno denunciati, forse perché hanno capito la situazione.
Fuori dalla porta, con la valigia e il rotolo di gelatine, aspettando il taxi per tornare in piazzetta.
Il Festival a cui non abbiamo chiesto spiegazioni, ci sistemò in un albergo vicino alla spiaggia.
Si pranzava in un ristorante molto piacevole, dove tutto il personale ci guardava con sospetto.
Magari c’era qualche conto in sospeso pure lì.
Boh!
Noi comunque non lo sapemmo mai.
La nostra giornata passava piacevolmente tra spiaggia, barca, pranzo, pennichelle, giornale.
La sera si andava in piazzetta per lo spettacolo e poi a cena fino a tardi, con il regista e gli attori dello spettacolo di quel giorno.
Non fosse stato per il fatto che la sera della prima per un problema di organizzazione la stessa poltrona di platea era stata venduta dalla biglietteria per tre volte, con immaginabili urla, crisi, e intervento della Forza Pubblica, tutto andò abbastanza bene.
Tecnicamente, quello che riguardava noi insomma, nessun problema e questo ce lo siamo fatto bastare io e il mio collega.