E scopro di avere un’altra debolezza.
Non sopporto quelle persone che parlando di un personaggio famoso lo chiamano per nome, omettendo il cognome, per lasciar intendere una confidenza che non sempre c’è.
“Ho parlato una volta con Vittorio (che si tratti di Gassman lo devi capire da solo) e mi diceva che Marcello (Mastroianni) quella volta con Federico (Fellini)…”
Un atteggiamento sicuramente inoffensivo che dà fastidio solo a me, ma che penso sia all’origine dell’abuso di selfie.
Una volta c’erano gli autografi.
Vezzo adolescenziale che prescinde dall’età di chi chiede la firma della star sul pezzo di carta.
Forse non dovrei dirlo, ma a me è capitato, su richiesta dell’artista chiuso in camerino, di fare tanti autografi con dedica agli appassionati ammiratori che uscivano felici dal teatro.
Chissà su quante pareti di appartamento ci sono in un vecchio quadretto le firme fatte da me a nome di altri.
Chissà.
“Oggi vado a teatro che nome (il regista) ci tiene tanto a conoscere la mia opinione sul suo spettacolo.”
“Mi ospita nel palco della regia“.
Ovviamente la regia non ha un palco riservato.
Mai avuto.
Ce l’hanno le autorità, il tecnico delle luci, quello del suono, quello del follow spot (occhio di bue) quello dei sopra o sotto titoli, il sindaco, ma il regista no.
Pensa che il grande Luca (Ronconi) aveva l’abitudine durante la prima dei suoi spettacoli, di passeggiare nervosamente per il foyer del teatro, senza guardare o ascoltare quello che succede sul palcoscenico.
Figuriamoci se aveva un palchetto.
Comunque ogni tanto scopro una mia debolezza nuova.
Questa è l’ultima in ordine di tempo.
Quale sarà la prossima?