IN TOURNÉE CON GIAN MARIA VOLONTÉ

La foto è linkata al sito di Mirko Capozzoli. Basta cliccarci sopra per arrivare all’indirizzo originale.

Bisognerebbe partire da lontano per raccontare quella compagnia.

Da quando durante l’allestimento di uno spettacolo con la regia di Gabriele Lavia, ce ne stavamo in platea io, il regista e non so chi altro.

Guardando in scena, Gabriele cercava di capire se quello che aveva messo su poteva funzionare.

Che ne pensi”? Mi chiese.

Boh, mi pare un po’ scontatino. Da Lavia la gente credo si aspetti di più no”? Risposi io.

Sguardo gelato del regista che mi disse: “Quanto disprezzo in così poche parole”.

Da quel momento i rapporti fra di noi non furono più gli stessi. Continuò a non offrirmi nemmeno un caffè, non l’ha mai offerto, almeno non a noi tecnici, ma questa volta almeno aveva un motivo. Nella sua testa di genio assoluto del teatro, c’era almeno una giustificazione.

L’anno dopo io non fui riconfermato al Teatro Eliseo dove lui era il capo indiscusso.

Me lo dissero all’ultimo momento in modo che organizzarmi un’alternativa non sarebbe stato facile. Il teatro a volte è vendicativo e altre anche peggio.

Era successo già un’altra volta che mi avevano “non confermato”, quando la compagnia “Carnalità” di e con Leopoldo Mastelloni non andò come la produzione si aspettava.

Le continue crisi isteriche dell’attore affaticato da uno spettacolo veramente impegnativo, avevano reso quel periodo molto difficile per tutti.

Io fui l’unico, o uno dei pochi non riconfermato per la stagione successiva, anche perché gli altri erano tutti intoccabili. Imparentati, segnalati, aiutati, tollerati.

Io con ‘sto viziaccio di dire sempre quello che penso a volte anche prima di pensarlo, fui invitato a cercare altro. Per fortuna in quegli anni c’era altro e spesso anche di qualità.

Peccato perché consideravo l’Eliseo un po’ come casa mia, ma così andò.

Dopo qualche anno però, fui richiamato perché c’era da allestire uno spettacolo importante che si immaginava con molte luci e in genere a me chiamavano quando c’era tanta roba da montare.

Lo spettacolo era Girotondo di Schnitzler, con Gian Maria Volonté e Carla Gravina. Scene di Mario Ceroli. Musiche di Ferdinando Maffii e costumi di Aldo Buti.

Regia di Volonté e aiuto regista Giovanna Gravina figlia di Carla e di Gian Maria.

In quel periodo Giovanna non aveva un bel rapporto con il padre.

Per la verità manco l’ex compagna Carla ce l’aveva, ma si tolleravano.

Lo spettacolo era strano forte.

Una scena con un po’ di porte sul fondo, sovrastate da una lunga gabbia con dentro uccelli impagliati.

Una delle porte sotto la gabbia non funzionava mai. Si apriva quando doveva rimanere chiusa e si richiudeva quando serviva aperta.

Per forza non funziona no! È quella con sopra una civetta – diceva il macchinista napoletano Aldo. Spostiamo la civetta e vedrai che funziona”.

Era vero. Dopo spostata la civetta, la porta funzionava perfettamente.

Poi nella scenografia, a destra, c’era una scala di ferro, a chiocciola che portava su. Spariva dietro il boccascena.

La scala durante lo spettacolo veniva salita da un’altra attrice, in scena che la regia aveva voluto completamente nuda, che si chiamava Silvia.

Quando lei saliva le scale, i pompieri di servizio se ne stavano tutti lì sotto a guardare e a volte entravano pure in scena mentre si spintonavano.

Ah, verso il centro c’era anche uno scivolo che serviva per delle entrate in scena di altri attori/comparse.

Un’attrice giovane al Teatro Manzoni di Milano, fece la pipì in uno di quei pisciatoi per uomini. Quelli a muro dove l’acqua scorre sempre. Si era asciugata con uno straccio che aveva buttato dentro il pisciatoio.

Durante la notte l’acqua aveva continuato a scorrere e la mattina dopo palcoscenico e sala erano allagati di acqua puzzolente.

Ditta di disinfestazione. Spettacolo sospeso.

Un’altra volta l’attrice, sempre la stessa, decise che doveva fare pipì poco prima di entrare in scena. E la fece sopra una quinta.

Con la stessa quinta si pulì e quella sera stessa il direttore di scena Brunito, tagliò la parte offesa della quinta e la buttò nella spazzatura.

Sempre al Manzoni, un altro attore, Stefano, che si rotolava nel letto di scena, si accorse di avere le piattole o forse i pidocchi, chissà.

Nello stesso letto recitavano tutti gli altri e la consegna del regista era quella di non lavare mai assolutamente le lenzuola per nessun motivo.

Riecco l’ufficio di disinfestazione. Altra recita zompata.

Brunito a quel punto portò a lavare coperte e lenzuola e fece dipingere le finte macchie da uno scenografo.

Gian Maria se ne accorse e non gradì, quindi decise di annullare un’altra recita perché il letto non puzzava più e non era zozzo come lui aveva chiesto.

A Rimini, al Teatro Novelli, Silvia scese le scale che dal suo camerino portavano al palcoscenico.

Poi invece di fermarsi, continuò a scendere entrando in una porta lì vicino. Solo che era la porta che conduceva ad una ripida scala metallica, che serviva da uscita di emergenza con una porta di ferro in fondo.

Ruzzolone con capocciata finale sulla porta. Boong!

Lividi e graffi dappertutto perché manco a dirlo anche in quell’occasione era completamente nuda come chiesto dal regista.

Io lì a incerottarla con pazienza mentre lei ripassava la parte a memoria. Parte che c’era solo nelle espressioni, perché il suo ruolo non prevedeva battute.

Al ristorante, quando si entrava, la gente riconoscendolo si dava di gomito dicendo “Guarda chi è…”.

Lui saliva sul tavolo dove era apparecchiato per noi facendo profondi inchini e urlando “Sì sono io. Sono quello lì, ma adesso lasciatemi cenare in pace per favore”.

Per motivi organizzativi e anche di sicurezza tutti dovevamo lasciare, al responsabile della compagnia, recapito e telefono di dove alloggiavamo in ogni città.

Lui, Gian Maria, cercava l’hotel solo dopo lo spettacolo e la cena al ristorante quindi non sapeva mai dove avrebbe dormito. Però aveva sempre dietro un sacco a pelo che spesso usava sotto qualche ponte per arrivare alla mattina dopo.

Oh, questi sono solo ricordi buttati là a casaccio eh.

Torniamo a quando dal Teatro Eliseo mi chiamarono per l’allestimento e poi portare in tournée lo spettacolo.

L’invito arrivò da Emidio. Un amico, datore luci, cioè progettista dell’illuminazione degli spettacoli e quindi anche di questo, oltre che noleggiatore di apparecchiature elettriche per il teatro.

Appena arrivato in palcoscenico Emidio mi spiegò che c’era da montare almeno 8 americane e altrettante piantane per lato.

Poi se serve altro ti faccio sapere”.

E così ho cominciato a montare insieme ai collaboratori di palcoscenico, tutta questa montagna di roba in modo che potesse essere pronta per le prove del giorno dopo. Gian Maria cominciava a provare verso le 15. Almeno a quell’ora era in teatro, poi iniziavano lunghe discussioni con gli attori e alla fine le prove “in piedi”.

Il giorno dopo era tutto montato secondo le disposizioni di Emidio e sotto la supervisione di Giulio, direttore tecnico del Teatro Eliseo in quel periodo.

Una brava persona Giulio. Grande lavoratore dall’esperienza lunghissima e uomo buono.

Io faccio una prova. Controllo che tutto quello segnato nella pianta luci sia operativo e funzionante.

Arriva Gian Maria. Me lo presentano. Lui è molto affettuoso. Burbero come doveva essere burbero il personaggio, ma gentile e amichevole.

Aveva questa caratteristica lui. Diventava il personaggio e tornava se stesso solo alla fine della tournée o del film a cui stava lavorando.

Cominciano le prove. Dopo circa un’ora lui alza lo sguardo e si spaventa nel vedere tutti quei proiettori appesi sopra la capoccia.

Moreno… che è tutta quella roba lassù”?

I proiettori Gian Marì. Le luci per lo spettacolo”.

Ma chi ti ha detto di appenderli lassù”?

Beh, Emidio che è la persona incaricata, da te, di elaborare il progetto delle luci”.

Ah sì Emidio. Beh io con lui ci ho parlato e gli ho chiesto una cosa diversa. Più semplice”.

Bene, dimmi così vedo come posso aggiustare, ma prima chiamiamo Emidio, così concordiamo un modo che soddisfi tutte le esigenze” faccio io.

Arriva finalmente Emidio che stava già in teatro, ma infrattato chissà dove a sistemare altre cose, forse al Piccolo Eliseo, un’altra sala dove nel frattempo era in produzione un altro spettacolo.

A Gian Marì… dimme pure. Che dovemo da fa’”?

Emidio non ti ricordi che ti avevo chiesto di illuminare lo spettacolo con una sola lampada che si chiama STE 501 VR e che se non sai dove trovarla ce l’hanno al Teatro Comunale di Firenze e anche al teatro… boh in Germania (il boh è perché non mi ricordo il nome del teatro. Lui lo sapeva benissimo) E se ti serve, qua c’è l’indirizzo di dove si può comprare”.

Sì è vero Gian Marì, risponde Emidio, ma le luci le faccio io e tu nun te preoccupà che famo uno spettacolone. Tranquillo… che ce penso io”.

Ma Gian Maria non era per niente tranquillo e chiese di smontare tutto quanto che lui sotto quella roba appesa non ci voleva passare.

Montatemi quella lampada e basta. Mi contento di quella”. Insisteva.

Mo il problema è che chi noleggia il materiale per illuminare uno spettacolo, viene pagato anche in base alla quantità di materiale che riesce ad utilizzare, a piazzare, quindi Emidio provava a montare anche di più, ma non ci fu niente da fare.

Io e i miei colleghi siamo stati costretti al volo a smontare tutto subito.

Gli attori hanno gentilmente atteso lo smontaggio, poi hanno ripreso le prove solo quando tutto era stato portato via.

Alla fine della prova Emidio torna da me e mi dice che bisognava rimontare tutto: 8 americane, 16 piantane, ribalta e altro, che poi a spiegarlo a Volonté ci avrebbe pensato lui.

Emidio, sei sicuro? Guarda che quello domani ci fa smontare tutto un’altra volta eh”!

Infatti così successe per almeno una decina di giorni.

La mattina si montava, e il pomeriggio si sentiva il rimprovero di Volonté. Poi si smontava e dopo iniziavano le prove.

La spuntò come era immaginabile Volonté con Emidio che se ne uscì con la storica frase: “… a Gian Marì, nun te sta benne? Fàttoo da te fàttoo“.

Insomma fu un lavoraccio tutto questo monta e smonta ma lo spettacolo si fece con la lampada che chiedeva Volonté, chiesta in prestito al Comunale di Firenze… “Tanto mo vaa riportàmo”.

E lo spettacolo andò così, per tutto il periodo romano.

Quando stavano per finire i giorni all’Eliseo e si sarebbe dovuto partire in tournée, io ovviamente fui “sollevato dall’incarico” e trasferito allo spettacolo “Nerone” con Mario Scaccia. Regia di Marco Mattolini. Quello che stava al Piccolo Eliseo. Non potevano lasciarmi andare in tournée con una sola lampadina.

L’allestimento di Girotondo giustificava la mia presenza perché c’era abbastanza roba da montare ma con solo una lampadina non mi avrebbero sicuramente manco scritturato.

Ma il Comunale di Firenze, titolare della famosa lampadina tanto amata da Gian Maria, una sera mandò qualcuno a ritirare la lampada che serviva a loro ed Emidio mi chiese di montare al suo posto un Sirio 4000 watt a scarica con le bandiere aperte.

Una bestia nera enorme. Altro che la semplice lampadina.

Non tutti sanno di cosa parlo, ma diciamo che al posto dell’STE 501 VR che era una scatoletta della dimensione di un pacco di penne Barilla, ci siamo ritrovati appesa una roba delle dimensioni invece di una Vespa Piaggio, con il Sidecar e con tanti cavi intorno.

Ah avevo dimenticato di dire che la famosa lampada era stata appesa a vista a circa 2 metri e mezzo tre da terra, quindi proprio in mezzo alla scena.

Togliere quella e metterci una Vespa con il sidecar, sembrava ci potesse essere qualche differenza.

Però Gian Maria, rispettoso del lavoro di noi tecnici, ha comunque fatto lo spettacolo.

Alla fine, dopo gli applausi, ha chiamato il suo avvocato e quella sera stessa Emidio e Giulietto, sono partiti in macchina alla volta della Germania per prendere la lampada giusta.

Fecero in tempo a tornare per lo spettacolo della sera dopo.

Io rimasi con Scaccia, naturalmente e con la compagnia ci andò Enricuccio, il figlio di Emidio, che aveva appena iniziato il lavoro di tecnico teatrale. Un bravo ragazzo Enricuccio, anche se ancora poco esperto.

Ogni tanto però succedeva che Enricuccio doveva rientrare a Roma per motivi personali e allora venivo spedito io in tournée al seguito dello spettacolo e ogni volta ne succedeva sempre una diversa, sempre più divertente.

Raggiungere la compagnia e trovare i tecnici con le espressioni che avevano loro con gli occhi sempre sgranati, era il vero spettacolo.

Per me la parte più divertente di tutta quella esperienza.

Ricordo l’amministratore Roberto, padre di Brunito, il direttore di scena, che doveva risolvere tutti i problemi che capitavano. E ne capitavano di problemi. Avoja se ne capitavano.

Una volta successe anche che uno degli attori, Stefano, sbagliò treno. Noi eravamo a recitare a Modena al Teatro Storchi e lui dormiva a Bologna ospite di amici. Quando nel pomeriggio era ora di tornare da noi in teatro per la recita, saltò al volo sul treno sbagliato che faceva la stessa strada, ma non fermava a Modena e così scese a Milano. Al capolinea

Lo spettacolo saltò perché Gian Maria per rispetto del pubblico, non volle sostituire quell’attore che aveva un solo passaggio in scena: portava una gabbia vuota di uccelli, da una parte all’altra, era a torso nudo e completamente rasato.

Non parlava, non faceva altro. solo un passaggio a torso nudo.

Brunito, il direttore di scena, si offrì di farlo lui quel passaggio. Si sarebbe anche rasati i capelli, per somigliare a Stefano, ma non ci fu niente da fare.

Volonté decise di non fare lo spettacolo e pagò di tasca sua la penale al teatro. Penale che allora ammontò a parecchi milioni di lire e ci chiese di non far sapere nulla a Stefano che ci sarebbe potuto rimanere male.

Insomma un personaggio strano forte, ma ce ne fossero di attori come lui adesso sui palcoscenici italiani. Ce ne fossero.

E le cene fatte insieme io e lui quelle poche volte che ci capitò, mi regalarono una persona piena zeppa di contenuti che girando per il mondo me ne sono capitate poche pochissime così.

Ciao Gian Marì.

Mi ricordo di quando si chiacchierava di nodi marinari di cui eravamo io e te appassionati.

Bei tempi. Bei tempi.

Quando faceva l’istruttore al Centro Velico di Caprera e mi raccontava delle sue avventure in barca. Spero che non tutte siano vere, che sennò mostrerebbe un personaggio se possibile ancora più intrigante di quello che ho conosciuto e che ricordo io.

LA LOCANDINA DOVE ANCORA COMPARE IL MIO NOME piccolissimo.

Girotondo (1980) Gian Maria Volonté – Carla Gravina

Compagnia di Prosa del teatro Eliseo presenta:

Girotondo (1980) Di Arthur Schnitzler.

Traduzione di Paolo Chiarini

Interpreti: Gian Maria Volonté, Carla Gravina, Stefano Abbati, Ines Byass, Silvia Del Guercio, Maurizio Pacchi, Giovanni Tamberi

Musiche: Ferdinando Maffii

Scene: Mario Ceroli

Costumi: Aldo Buti

Regia: Gian Maria Volonté

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