STEFANO MANCUSO AL FESTIVAL DI SPOLETO

Un viaggio tra Città e Natura

Anche quest’anno, il divulgatore scientifico e ambientalista Stefano Mancuso ha portato una ventata di idee innovative al Festival di Spoleto, di quelle idee che sollevano dibattiti sia nel mondo accademico che tra gli appassionati di sostenibilità.

Apparso sul palco del Teatro Nuovo Menotti un po’ malmesso, con la voce strapazzata dall’onnipresente aria condizionata, Mancuso non ha perso l’occasione per incantare e stimolare il suo pubblico.

Tra sbaciucchiamenti, abbracci, strette di mano un po’ timide e qualche pacca sulle spalle, il pubblico, vestito in abiti freschi e informali, si è radunato per ascoltare le parole di Mancuso.

Una ragazza dietro di me, visibilmente incuriosita, ha chiesto al suo accompagnatore: “Ma è un’opera lirica questo spettacolo di oggi?“.

Lui, incerto, ha risposto evasivamente. In effetti, non era chiaro neanche a lui cosa aspettarsi.

Mancuso ha iniziato parlando delle città come simbolo dell’aggressione dell’uomo all’ambiente.

“Homo sapiens, 300.000 anni di storia come nomadi cacciatori e agricoltori”, ha spiegato.

“Poi, circa 12.000 anni fa, l’invenzione dell’agricoltura, e 3.000-4.000 anni fa l’allevamento degli animali”.

È così che sono nati i primi agglomerati urbani. Come risposta alle nuove esigenze di un popolo che da nomade, raccoglitore, cacciatore, si stava trasformando in agricoltore stanziale.

Nel 1970, spiega il professore, solo il 30% della popolazione mondiale viveva nelle città.

Oggi, questa percentuale è salita all’83%. In alcune parti del pianeta è ancora più alta.

Vivere insieme offre vantaggi straordinari“, ha detto Mancuso. “Si spende meno, si può pianificare meglio, e teoricamente si potrebbe vivere in condizioni migliori“.

Tuttavia, ha sottolineato come le città che oggi occupano solo l’1,6% delle superfici abitabili del pianeta, producano circa l’80% dell’inquinamento globale e il 60% del riscaldamento planetario.

Mancuso ha poi evocato il pensiero di Protagora: “L’uomo è misura di tutte le cose“, spiegando come le città siano spesso costruite riportando la struttura del corpo umano, con l’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci come esempio lampante.

Ha menzionato Sartorio, inventore del concetto di metabolismo, del termometro e dello stetoscopio, come una figura chiave per comprendere questa relazione tra città e corpo umano.

Uno dei punti salienti del discorso è stato l’appello a ridurre del 20% le strade urbane per piantare alberi, una soluzione pratica per affrontare l’aumento delle temperature.

Ha citato esempi virtuosi come Curitiba in Brasile e il Carrer dei 100 a Barcellona, dove l’integrazione del verde urbano ha portato benefici tangibili.

Il ritorno alla campagna non è una soluzione sostenibile per tutti, ha avvertito Mancuso, perché la popolazione mondiale è semplicemente troppo numerosa. “Dobbiamo trovare modi innovativi per rendere le nostre città più sostenibili e vivibili“.

Il pubblico ha lasciato il teatro arricchito da nuove prospettive e idee, pronto a riflettere su come migliorare il nostro impatto ambientale partendo proprio dalle città in cui viviamo.

E chissà, magari anche quella ragazza curiosa ha trovato qualche risposta alle sue domande.

 

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