IL GIARDINO DEI CILIEGI DI LEONARDO LIDI
Il regista Leonardo Lidi torna al Festival dei Due Mondi con l’ultima tappa della sua trilogia dedicata ad Anton Čechov, presentando una versione intensa e critica de Il giardino dei ciliegi.
Ho assistito alla prima al Teatro Caio Melisso Spazio Fendi.
Secondo me nei due appuntamenti precedenti Lidi ci aveva trattati troppo bene e mo tutti ad aspettarsi di più di quello che è stato messo in scena.
Invece è un bello spettacolo, pieno, equilibrato, colorato, cantato, con ritmo corretto.
Certo ogni messa in scena nasce e poi matura e anche questo avrà la stessa evoluzione nella lunga tournée che lo aspetta.
Lidi, riflettendo sul testo di Čechov, ha sempre visto il giardino come una metafora del teatro stesso: “Mi è sempre sembrato palese che il nostro giardino è sinonimo di nostro teatro.
Ed avendo avuto il progetto Čechov una validità politica dal suo principio, dal rientro post pandemico con Il gabbianoper interrogarci sul come ripartire nell’incontro con il pubblico, mi sembra stimolante chiudere il cerchio con questo testo così profondo nelle sue domande“.
L’interpretazione di Lidi conduce lo spettatore in un giardino che ora vive solo nel ricordo dei suoi interpreti, un giardino inutile, paragonabile al nostro teatro pubblico, pronto a essere sacrificato per un parcheggio.
L’ultima immagine che Čechov ci lascia nel finale del Giardino dei ciliegi è quella di una persona che ha dedicato la propria vita al servizio degli altri, senza ricevere nulla in cambio, dimenticata e stanca:
“Non hai più forze, non ti è rimasto proprio niente, niente… Eh, buono a nulla…“. Una corda tragica di violino chiude la scena, sottolineando l’amara riflessione sul destino del teatro e dei suoi protagonisti.
Leonardo Lidi, con la sua visione acuta e critica, ci invita a riflettere sulla reale utilità del nostro “giardino”, ovvero del nostro teatro, e su come possiamo renderlo un luogo di autentico valore umano e culturale, piuttosto che lasciarlo decadere nell’oblio e nella dimenticanza.