Sarà capitato anche a qualcuno fra quelli che leggono queste righe, di incontrare una persona che ha l’espressione attenta e intelligente, salvo poi scoprire che non è proprio così e che la persona in questione ha un intuito limitato. (Non parlo di intelligenza, ma di intuito).
Ci formiamo un’idea sulle persone, spesso, dallo sguardo, dai colori, dall’espressione, dalla mimica e pensiamo che ci possiamo avventurare in considerazioni e affermazioni che verranno recepite per quello che vogliono essere.
Spesso capita però di rimanere delusi e veniamo precipitati nel dubbio se il problema sia il nostro che ci esprimiamo male o la colpa sia di chi ci ascolta che sta legittimamente sintonizzato su un’altra frequenza. Peccato.
Si dovrebbe chiamare “fisiognomica” lo studio che ha la pretesa di evincere il carattere delle persone esaminando l’aspetto fisico, ma è sicuramente sopravvalutata.
C’è anche un museo di antropologia criminale, a Torino, che raccoglie i reperti di Cesare Lombroso, lo scienziato dell’ottocento, ritenuto il padre della fisiognomica, la disciplina a cavallo fra scienza e superstizione.
Ogni tanto insomma mi capita di fare delle affermazioni convinto di averle espresse bene per poi accorgermi che il messaggio che arriva è un altro, spesso proprio il contrario di quello voluto.
Ci dovrei aver fatto l’abitudine ormai, a queste frequenti incomprensioni, ma purtroppo non è così.
Mi stupisco, rimango deluso e rallento la comunicazione di mie nuove riflessioni almeno sui social. Almeno questo non dovrebbe essere un male. Limitare l’uso dei social media per condividere sensazioni personali, alleggerisce lo spazio della rete che può essere destinato ad altro.
Poi riparto, ma lì per lì ci rimango male e aggiungo alla mia conoscenza, altri dettagli che sarebbero stati sicuramente utili al povero Cesare Lombroso.