AL TEATRO DI FOLIGNO

Qualche anno fa.

Eravamo in tourné con uno spettacolino che ebbe pochissima fortuna.

Certo lo spettacolo era brutto forte ma non ebbe nemmeno la forza di suscitare nessuna compassione nel pubblico che decise molto presto di non venire più a vederlo.

Bastarono poche repliche per far capire che il mondo del teatro poteva anche fare a meno di questa proposta.

Però un po’ in giro ci si andò.

Giusto il tempo di accumulare qualche critica pessima e pochi applausi stitici.

Uno dei teatri che si visitarono era a Foligno, mi pare fosse il Politeama.

Il montaggio fu pieno di spunti divertenti.

Il macchinista del posto che diceva a quello di compagnia: “lassi, lassi, allego io” (Lasci a me che ci penso io a legare).

C’era da fissare un’americana (barra dove sono appesi i proiettori) legandola da qualche parte.

Non c’era a portata di mano un mantegno, cioè un elemento orizzontale, una specie di corrimano, dove appunto si legano le corde degli elementi appesi. Come quello in foto.

Siccome mancava il mantegno, il macchinista folignate scelse la manopolina del termosifone per legare quell’oggetto pesantissimo.

Ovviamente non funzionò e cadde tutto a terra per la disperazione di tutti i tecnici.

A sua giustificazione quel macchinista di cui non ricordo il nome disse, indicando la corda ormai caduta e arrotolata sulle tavole del palco… “Veda però… l’annodu ha retto” (il nodo ha retto).

Ma non c’è stato nemmeno il tempo di arrabbiarsi perché entrò un signore in platea e visto che al botteghino non c’era nessuno, dal fondo della sala chiese…”buongiorno, avrei bisogno di due posti in platea davanti, poi altri 4 a metà sala e tre in fondo. Poi anche altri due in galleria in buona posizione“.

Lo stesso macchinista che aveva appena fatto quel casino dell’americana precipitata rispose al signore in platea: “Ecco. E ‘na coppia d’ova non ce la volemo mette“?

Si andò avanti così per tutto il montaggio durante il quale si risparmiò un lavoro difficile, faticoso e lungo, grazie ad un accordo segreto fra i tecnici di compagnia e quelli del teatro.

Se arriva il regista dello spettacolo noi diremo che quel fondale là, pesantissimo, non poteva essere montato diversamente e voi che siete del teatro, dateci ragione“.

Certo. D’accordo. Ci risparmiamo ore di inutile lavoro“.

Ovviamente il regista arrivò e chiese di poter spostare il fondale per montarlo in un altro modo.

Un coro di risposta da parte di tutti. “Non si può“.

Uno solo, l’elettricista se ne uscì con un “…ma come non si può, vi faccio vedere io“.

E corse verso la scala che portava in soffitta; quel posto dove si sistemano le corde e si fissano le scenografie.

Scala a vista sul fondo del palcoscenico. Tutti che guardano il percorso dell’omino che la saliva con rumore di scarpe dalla suola e tacchi in cuoio.

Tic tac tic tac…

Arrivato in postazione, l’omino muovendo delle corde urlò: “… è questa la cosa da spostare“?

Pausa.

Silenzio lungo, poi la voce del macchinista di prima che guardando l’omino lassù gli disse senza alzare la voce: “Che almeno te pozzi morì de fame“!

Non traduco vah.

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